La coltivazione di tartufi è possibile
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Qualche decina di anni fa sembrava impossibile coltivare il tartufo. Ancora, in Italia, è radicata la convinzione che questo fungo nasca solo spontaneamente in determinate aree del Paese.
Invece, il progredire degli studi su questa specie fungina ha diradato molte nubi attorno al tartufo e al suo ciclo biologico, dando, oggi, la possibilità di coltivarlo in modo piuttosto controllato, anche se complesso.
Infatti, rispetto ad altre colture di cui abbiamo parlato, come lo zafferano, il bambù o la canapa, sono molti i fattori che determinano la buona riuscita di una tartufaia e, dunque, la rendita di un terreno agricolo utilizzato per questa coltura.
Lo scopo di questo articolo è proprio dare a chi fosse interessato qualche informazione più dettagliata.
Il tartufo
Il tartufo (nome scientifico del genere: Tuber) è un fungo ipogeo, ovvero un fungo che passa tutto il suo ciclo di vita nel sottosuolo. È composto, come tutti i funghi, di un apparato filamentoso formato da ife, che nel complesso viene detto micelio.
La sua parte fruttifera, quella che conosciamo tutti come “tartufo”, ha una forma semi-sferica e compatta con protuberanze ed increspature. La parte esterna, chiamata peridio, può essere liscia o, più comunemente, rugosa, mentre l’interno, detto gleba, è più morbido e chiaro.
In natura, cresce spontaneamente tra l’apparato radicale di diverse specie di alberi ed arbusti, privilegiando nocciolo, tiglio, carpino nero, leccio e roverella. Vive in simbiosi con queste specie, ricevendo sostegno ed elementi nutritivi dalle radici e dando in cambio ossigenazione ed altre sostanze. Questa relazione simbiotica, alla base della coltivazione, è chiamata micorriza.
L’odore pungente del fungo richiama animali selvatici come cinghiali, tassi e volpi, che, cercandolo, rufolando con il muso sul terreno, ne spargono le spore, permettendone la diffusione.
Lo stesso odore ed il sapore particolare, rendono il tartufo, specialmente alcune specie, un alimento pregiato e ricercato. Questo ha innescato una “filiera del tartufo” che viene cercato in natura, generalmente grazie all’utilizzo di cani da tartufo, e venduto nel mercato.
La coltivazione del tartufo
Esistono diverse specie di tartufo più o meno pregiate dal punto di vista organolettico. La più conosciuta per il sapore intenso è il Tartufo bianco. Questo, tuttavia, è molto delicato e difficile da coltivare.
Le specie più comunemente usate nelle coltivazioni sono i tartufi neri, ovvero il Tartufo pregiato, il Tartufo invernale, il Tartufo estivo, il Tartufo uncinato, lo Scorzone e il Tartufo moscato. Tra i tartufi bianchi si riesce a coltivare solo il Bianchetto, una specie meno pregiata, ma più stabile del bianco.
Come abbiamo detto, il tartufo non riesce a sostenersi da solo, dunque, per impiantare una tartufaia coltivata si dovranno utilizzare piante “micorrizate”, in grado di sostenere il micelio e farlo crescere fino a dare il frutto.
Esistono centri vivaistici specializzati che forniscono le piante micorrizate pronte per essere interrate nel campo, ma prima di poter raccogliere i frutti sarà necessario attendere almeno il quarto o il quinto anno dall’impianto, forse più. Una tartufaia matura completamente in circa 10 anni, ma la sua produzione, da lì in poi, sarà ottimale, fino ad esaurimento, ben oltre i 40 anni.
Per agevolare la crescita, il terreno della tartufaia dovrà essere principalmente calcareo e povero di sostanze organiche e non oltre i 1000 m s.l.m.
Ogni specie arborea o arbustiva richiede cure particolari. Questo significa che per coltivare la tartufaia si dovrà prestare attenzione nella cura delle specie micorrizate utilizzate, farle crescere adeguatamente e sperare che il micelio si sviluppi nel migliore dei modi.
Le piante sono, generalmente, autoctone e si autoregolano, anche se alcune attività di pulizia, potatura, pacciamatura e irrigazione nelle stagioni secche andranno fatte. Tutto va fatto manualmente, senza uso di concimi chimici, diserbanti e macchinari per non rovinare il micelio.
Costi e benefici
Ripetiamo che, mentre per le specie più pregiate, come il Tartufo bianco, la tartuficoltura risulta piuttosto deludente, per specie più comuni di Tartufo nero i risultati sono molto soddisfacenti, sia come qualità che come quantità di produzione. Non è comunque facile quantificare la produzione di una tartufaia, dato che i fattori che ne influenzano la riuscita sono molti ed incidono più che in altre colture.
Ad esempio, sono variabili influenti il terreno, il clima, la specie di arbusto usata, la specie di tartufo, la qualità della micorrizazione, il modo di gestire l’impianto, ecc. Proprio per questi motivi possiamo dare solo alcune indicazioni, senza addentrarci in casi particolari.
Intanto diciamo che l’impianto può essere fatto su superfici ridotte e marginali, quindi senza impegno di grandi aree del terreno. Questo fa sì che si possa risparmiare sulla manodopera senza togliere energie alle altre eventuali coltivazioni, anche se sarà necessaria la preparazione del terreno. I costi di mantenimento di una tartufaia sono decisamente bassi, in funzione delle attività necessarie.
Si può accedere ai finanziamenti europei per l’impianto grazie al PSR – Piano di Sviluppo Rurale definito dalle Regioni di pertinenza.
Il costo delle piantine micorrizate può andare dai 12 ai 20 € per pianta e per un ettaro di terreno si potranno impiantare mediamente circa 400 individui.
Per quanto riguarda la resa, una volta andato a regime l’impianto, possiamo dire che alcuni dati parlano di produzioni annuali di 110 kg/ettaro di Tartufo nero pregiato.
Come si sa, i prezzi di vendita dei tartufi variano per specie, per periodo e in base alla richiesta. Per dare un’indicazione, mediamente il Tartufo pregiato è quotato a circa 800-900€/kg, mentre il Tartufo estivo ed il Bianchetto circa 300-400 €/kg.
Altre informazioni utili
La raccolta e la coltivazione dei tartufi sono regolate dalla legislatura con la Legge 16 dicembre 1985, n. 752, “Normativa quadro in materia di raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi freschi o conservati destinati al consumo”.
Questa norma stabilisce alcune linee guida sulla raccolta e sulla coltivazione dei tartufi ad uso alimentare, come e quali specie si possono coltivare, che metodi di raccolta impiegare e il divieto di usare maiali da tartufo per l’impatto che hanno sull’ambiente.
Un documento decisamente interessante per approfondire l’argomento è il Piano Nazionale della filiera del Tartufo 2017-2020, redatto dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, che, se interessati a coltivare tartufi sul vostro terreno agricolo, vi consigliamo di leggere.
Comunque, anche se i guadagni di una tartufaia sono potenzialmente molto elevati, bisogna tener conto che non è detto che siano certi. Infatti, in questo tipo di coltura si ha a che fare con due specie diverse che convivono e che devono trovarsi bene tra loro e con l’ambiente circostante per dare il giusto frutto.
Ah, naturalmente, la raccolta va effettuata insieme ad un cane da tartufo. Se va male il raccolto, almeno vi resta un amico!
Se possiedi un terreno agricolo e vuoi sapere se è adatto alla coltivazione del tartufo perché vorresti investire in questo business, richiedi il Rapporto Ambientale del Terreno (R.A.T.): avrai tutte le informazioni utili sul tuo lotto per valutare se e come sfruttarlo al meglio!
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Buonasera , sono PASQUALE SCIULLI , Chiedo gentilmente se posso avere informazioni più dettagliato su piantagione piante di tartufo.
Chi posso contattare.
Ho terreni nella provincia del molise , stiamo ubicati ai confini abruzzo – molise , i terreni stamnno sui 800ml sul livello del mare, la nostra è gia zona di tartufo naturale.
Ci sono finanziamenti per queste operazioni.
Visto che ho diversi terreni , in questo momento ad erba e parte sta diventando bosco dietro l’abbandono, voglio ridargli vita .
Vi lascio i miei contatti .
cell. 331.4999703
tel. 0872 : 946220
info@villadanilo.it
http://www.villadanilo.it.
In attesa di Vostra comunicazione Distintamente Saluto SCIULLI.