Bambù in Italia: si può fare
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Il bambù è una pianta bella e molto versatile. Ne esistono diverse varietà, molte delle quali suscitano un notevole interesse di mercato. Oltre alla coltivazione per motivi estetici, il bambù è apprezzato in ambito manifatturiero, alimentare e cosmetico. Si tratta di una pianta che, in base alla varietà, si adatta facilmente a molti tipi di suolo, benché non originaria del territorio italiano, e che non ha un grande bisogno di acqua e di cure.
Per questi motivi, piuttosto che tenere un terreno incolto, potrebbe essere interessante valutare la possibilità di avviare una coltivazione di bambù e impiantare il proprio bambuseto. Vediamo come fare.
Il bambù
Con il termine bambù, o bamboo, si indica una tribù di piante molto varia che fa parte della famiglia delle Graminacee, come il grano o le comuni canne. Sono caratterizzate da lunghi fusti, chiamati culmi e suddivisi in segmenti formati da internodi e nodi, dai quali partono piccoli rami con foglie.
Sono piante sempreverdi e le loro dimensioni, in base alla varietà, variano da pochi centimetri a qualche decina di metri di altezza. Possono arrivare anche 40 m di altezza per un diametro di soli 30 cm!
Il fusto è cavo ed ha, in genere, un portamento verticale. È molto robusto, specialmente nelle varietà più grandi. Il legno che lo costituisce possiede notevoli proprietà di resistenza ed elasticità.
Questa pianta è diffusa spontaneamente lungo tutta la fascia tropicale e subtropicale, ma, ormai importata in molte zone del mondo, viene facilmente coltivata anche in zone più temperate, come in Europa, in Nord America e in Australia.
Ha un comportamento invasivo e, se non contenuto, può infestare vaste aree. Questo perché le radici tendono ad espandersi orizzontalmente a grandi distanze, lasciando fuoriuscire nuovi germogli che diventano fusti.
Chiamatelo “Acciaio vegetale”
L’epiteto più comune accostato al bambù è “Acciaio vegetale”. La sua fibra ed il suo legno, infatti, possiedono una resistenza alla trazione e alla compressione fuori dal comune.
La sua struttura cava, ma resistente, conferisce forza e leggerezza, consentendo al bambù di essere utilizzato in moltissimi ambiti costruttivi.
Nelle regioni in cui è diffuso spontaneamente viene usato, ad esempio, per costruire alte impalcature durante la costruzione degli edifici. Esistono poi intere strutture realizzate in bambù, come case, fabbriche e templi. E in passato era impiegato anche per costruire lunghissime condutture idriche in Cina, nonché ponti ed imbarcazioni.
Può essere utilizzato sia nella forma originale, sfruttando i diversi diametri dei fusti, sia tagliato e trattato in altri modi per formare legni di bambù lamellare adattando la forma alle diverse necessità.
E’ ufficialmente riconosciuto come materiale da costruzione, tant’è che esiste una branca dell’ingegneria specializzata nello studio di soluzioni che lo contemplano, con misurazioni di resistenza, norme ad hoc e pratiche di utilizzo: l’ingegneria del bamboo.
Tra l’altro, dettaglio da non trascurare, è un materiale del tutto sostenibile e ad impatto zero sull’ambiente, proprio come il legno.
Usi non strutturali del bambù
Un altro utilizzo del bambù è nel consolidamento di scarpate libere, grazie alla capacità del bambuseto di trattenere il terreno scosceso, contrastando l’erosione del suolo e il dilavamento.
La fibra di bambù, così come quella della canapa, è utilizzata anche per realizzare carta, tessuti, corde e diversi oggetti.
Ne sono solo esempi, più o meno celebri, le canne da pesca, i telai di biciclette, i vari strumenti musicali, i contenitori dalle forme più svariate e le armi orientali che si sono sviluppate nei secoli in estremo oriente.
In ambito alimentare viene, a seconda della varietà, utilizzata tutta la pianta, solo i germogli o le foglie, anche per la realizzazione di distillati e fermentati di vario genere. I germogli, in particolare, sono ricchi di proprietà nutritive e vengono utilizzati anche nella cosmesi e nell’omeopatia.
Coltivare il bambù
La coltivazione di questa pianta, che cresce molto rapidamente, non presenta grandi difficoltà in quanto la sua propagazione è piuttosto rapida e non necessita di molte cure né di eccessiva irrigazione, salvo il primo anno di impianto.
Intanto, iniziamo con il dire che le varietà che meglio si prestano ad essere coltivate in Italia, sia come clima, sia come facilità di utilizzo del prodotto finito, sono varietà della famiglia Phyllostachys, in particolare la specie Phyllostachys edulis, detta “Moso”, e la specie Phyllostachys bambusoides, detta “Madake”.
Entrambe rientrano nel comune appellativo di Bambù Gigante, ma la prima ha origine cinese, mentre la seconda è originaria del Giappone. In generale, sono molto simili, anche se il Moso è più adatto a zone collinari, a pendenze irregolari, con clima fresco, mentre il Madake, è più indicato per aree più soleggiate e calde.
Il Bambù Gigante può essere piantato da seme, rizoma (ovvero da radice con germogli), oppure da zolla (con piantine già formate). Si adatta bene a quasi tutti i terreni, ma è importante che sia presente una buona quantità di azoto ed un pH, ottimale, tendenzialmente acido (7,5 – 8,5).
Per conoscere le caratteristiche di un terreno, scopri il Rapporto Ambientale del Terreno.
La resa e il guadagno
Ma veniamo a qualche cifra. I costi medi per l’impianto di un bambuseto si aggirano attorno ai 10.000-15.000 € per ettaro.
I costi di gestione si limitano al consumo di acqua (circa 35 mc/ha) per la modesta irrigazione nei mesi più caldi e la poca concimazione, dato che non servono diserbanti, pesticidi né altri prodotti chimici.
Come abbiamo visto, in primavera si possono raccogliere e vendere i germogli ad uso alimentare, mentre in inverno si raccolgono le canne per la vendita del legname.
La redditività, dato che i germogli aumentano di anni in anno, sarà via via maggiore. A partire dal 4° anno si potrà avere un reddito che va dai 10.000 ai 20.000 € per ettaro, considerando i prezzi di vendita medi di 2€/kg per i germogli e 12€/kg per le canne.
La velocità vegetativa del bambù permette la produzione di qualche centinaio di canne per ettaro ogni anno, dando la possibilità di tagliare anche il 30% dei culmi senza danneggiare il raccolto dell’anno seguente.
Eventuali difficoltà con il bambuseto
Il bambù è una specie invasiva. Se questa caratteristica, per alcuni aspetti, può rivelarsi utile al coltivatore, è anche vero che va controllata per non rischiare di ritrovarsi invasi dalle canne.
In generale, è consigliabile creare un perimetro attorno all’area di coltivazione e tenerlo zappato e pulito per evitare la diffusione dei rizomi. Altrimenti si può fare uno scavo di qualche decina di centimetri di profondità.
Per le specie più piccole è più difficile estirpare i rizomi, ma per il Bambù Gigante è sufficiente eseguire due o tre tagli rasi successivi per far esaurire la forza vitale ai rizomi.
Conclusioni…
Il bambù è un materiale ecologico e versatile, utilizzato in molti campi: da quello alimentare, alla Bioedilizia, all’arredamento, alla cosmetica.
Grazie alla sua caratteristica invasività e velocità di diffusione permette una produzione elevata con una conseguente redditività economica. Anche se, specialmente per piccoli appezzamenti, non può essere considerato l’unica fonte di reddito, rappresenta certamente un’ottima idea di investimento per chi volesse far fruttare il proprio terreno agricolo.
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Buonasera
ho del bambu’ da regalare per chi fosse interessato ( area di circa 250 m quadrati)