Punti Critici nella Progettazione di una Casa in Legno

Punti Critici nella Progettazione di una Casa in Legno

Le case prefabbricate in legno trovano crescente riscontro in Italia, in particolare per la realizzazione di abitazioni a risparmio energetico. Oltre ai molti punti di forza è necessario sottolineare alcuni aspetti critici, la cui conoscenza approfondita è necessaria da parte di aziende e professionisti per assicurare la durabilità e la salubrità dell’immobile.

Struttura e materiali di una Casa prefabbricata in Legno

La struttura portante di una casa prefabbricata è costituita prevalentemente da un’ossatura in legno verticale intelaiata o a pannelli xlam, solaio e tetto costituiti da un assito e da un’orditura a travi (quasi sempre lamellari o bilama). Alla struttura vengono accoppiati pannelli isolanti per la realizzazione del cappotto esterno e per il riempimento degli spazi vuoti (per le pareti a telaio) e delle pareti e delle contropareti interne.

I materiali impiegati sono per lo più fibre e lane di legno o minerali aggregate, utilizzate per il loro elevato potere termoisolante e la buona capacità traspirante.

Legno ed isolanti devono essere costantemente protetti dalle fonti di umidità persistente che potrebbero causare problemi seri all’edificio nel corso degli anni.

I rischi connessi all’umidità

I rischi connessi all’umidità sono quasi sempre dovuti ad errori di progettazione esecutiva e, pertanto, sono evitabili adottando gli opportuni accorgimenti atti a scongiurare tali circostanze.
Competenza ed esperienza dei soggetti coinvolti nella costruzione sono fattori fondamentali per escludere danni potenziali all’edificio dovuti all’errata interpretazione o alla sottovalutazione dei punti critici.

I principali aspetti critici su ci si dovrebbe soffermare sono:

  • Le coperture, in particolare tetti e terrazze piane.
  • L’attacco a terra delle pareti in legno.
  • La pioggia battente sulle pareti perimetrali.
  • L’umidità interstiziale all’interno delle pareti perimetrali, in particolare per quelle a telaio.

Ognuno di questi punti può essere interessato da problematiche più o meno serie se progettato grossolanamente e gestito con superficialità in sede esecutiva.

Il problema dell’acqua “dall’alto”

Negli ultimi anni stiamo assistendo ad una nuova tendenza nella progettazione degli edifici residenziali, nella direzione di un’architettura contemporanea in cui convivono elementi tradizionali assieme a linee più moderne, con l’eliminazione o quasi delle sporgenze delle coperture a falde, con gronde interne, tetti e terrazze piane. Uno stile minimale e sobrio che nasconde qualche insidia se trattato con scarsa attenzione, in particolare relativamente al tema dello smaltimento efficace delle acque meteoriche.

Un tetto tradizionale correttamente concepito assolve perfettamente la funzione di allontanare l’acqua piovana, grazie alla presenza di superfici oblique che la fanno scivolare velocemente verso i canali di gronda, a loro volta collegati al suolo da pluviali verticali. Questo principio non vale in presenza di canale di gronda interni, soluzione ad alto rischio amata da molti progettisti per risaltare la pulizia del volume per edifici con coperture a falde oblique di aspetto moderno.

Pendenza di tetti e terrazze

I tetti e le terrazze piane prevedono che l’acqua piovana scorra al di sopra di una piano leggermente inclinato protetto generalmente da una guaina impermeabilizzante, sino al raggiungimento dei fori di scolo collegati ai pluviali. Tali guaine sono generalmente protette da uno strato di ghiaino lavato, ma tendono comunque a deteriorarsi nel tempo a causa dell’azione degli agenti atmosferici e dell’alternarsi delle temperature. I fori inoltre devono essere costantemente puliti da fogliame e materiale portato dal vento che può ostruirne l’imbocco nel corso degli anni.
I tetti e le terrazze piane costituiscono di per sé un errore di progettazione esecutiva spesso sottovalutato da tecnici ed aziende costruttrici. Molti tetti piani possono essere sostituiti da falde a tenuta a bassa pendenza (che possono risultare invisibili alla vista), mantenendo l’aspetto di una copertura piana.

Il problema dell’acqua “dal basso”

Negli ultimi anni i costruttori di case in legno hanno sviluppato una serie di metodologie esecutive per evitare il contatto diretto tra le strutture in legno e gli isolamenti termici con il terreno circostante; nelle zone umide con suoli scarsamente drenanti e durante i mesi freddi, l’umidità presente in questa zona può risalire attraverso i materiali più porosi, accumulandosi negli spazi interstiziali e portando a fenomeni di marcescenza al piede della struttura in legno.

Soluzioni di rialzo

Le ditte costruttrici conoscono molto bene il fenomeno e prevedono un distacco delle pareti dal suolo, montando le strutture al di sopra di cordoli e muretti di rialzo in cemento moderatamente armato; tra cemento e legno dovrà essere interposta una guaina impermeabilizzante.
L’attacco al suolo può costituire un problema solo a fronte di una scarsa conoscenza del fenomeno ed, in genere, rappresenta un fattore di rischio relativo per le case in legno.

Il problema dell’acqua “orizzontale”

Eventi meteorologici di natura eccezionale sono sempre più frequenti nel nostro Paese, accompagnati da venti di forte intensità e copiosi quantitativi di pioggia.
Quando un notevole quantitativo di pioggia colpisce direttamente le pareti perimetrali è possibile che possa infiltrarsi al suo interno in presenza di crepe e cavillature dell’intonaco. Si comprende pertanto l’importanza di una costante manutenzione delle facciate dell’edificio.

Materiali isolanti del cappotto esterno

In teoria, i migliori materiali per la realizzazione del cappotto esterno di un edificio in legno sono quelli di natura sintetica come polistiroli e polistireni (poco impiegati in bioedilizia, in quanto scarsamente traspiranti) e il sughero (che non teme l’umidità, ma è penalizzato dagli alti costi di fornitura). Questi isolanti fungono infatti da barriera all’umidità esterna, impedendone l’ingresso efficacemente.

Le fibre di legno, se bagnate per lungo tempo possono creare problemi alle strutture portanti. La scelta di questo materiale per la formazione del cappotto è sponsorizzata da molti tecnici in quanto naturale, rinnovabile, traspirante e con ottima capacità termica. Una fibra di legno umida può però marcire, sviluppare funghi e muffe e perdere del tutto la propria capacità di coibentazione; per questo motivo sarebbe buona norma evitarne l’impiego specifico per la realizzazione di cappotti.

La lana minerale di qualità è un materiale scarsamente igroscopico, inerte e traspirante che non marcisce in presenza di umidità. I prodotti da utilizzare come cappotto isolante devono essere garantiti per questo impiego specifico, in quanto non tutte le lane di roccia sono uguali ed è opportuno impiegare solamente pannelli certificati di marca.

PER APPROFONDIRE, LEGGI ANCHE: Materiali isolanti: Fibra di Legno, Lana di Roccia e Sughero

Il problema dell’acqua “interna”

Una certa quantità di umidità si forma quotidianamente all’interno degli ambienti con la cottura dei cibi, l’utilizzo di acqua calda sanitaria, la respirazione degli occupanti.

Negli edifici ad alta tenuta all’aria come le case in legno a basso consumo energetico, l’asportazione dell’umidità in eccesso deve essere affidata alle aperture periodiche manuali degli infissi o all’impianto di ventilazione meccanica controllata, se presente.

Impianti di de-umidificazione

La maggior parte degli involucri esterni delle case in legno consentono il passaggio di una certa quantità di vapore dall’interno all’esterno dell’edificio.
Nelle stagioni fredde, una quantità costante ed elevata di acqua nell’aria può portare alla formazione di fenomeni di umidità interstiziale che possono bagnare i pannelli di coibentazione, abbassandone il potere isolante.
Il progettista dovrebbe pertanto spingere la propria committenza verso l’installazione di sistemi impiantistici di trattamento e deumidificazione dell’aria che possano regolare in modo efficace il tasso di umidità indoor.

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